lunedì 30 dicembre 2013

Gli Intilli-Piedi nelle loro variegate formazioni.




IL QUARTETTO


Gli Inti-Illipiedi possiedono un paio di sistemi nervosi distinti e sono formati da due storiche costole: la prima di derivazione Irpina (roboante e fine come un terremoto), la seconda di ceppo Toscano (sensibile e bugiarda come Pinocchio).
Se l’una proviene dalle estatiche e riflessive tendenze dei Musicantus….l’altra è invece reduce dai sentieri salati e prunosi dei Rossi pe’ Forza. Quattro come i Beatles, quattro come i moschettieri, quattro come le pietre di Merlino che affilano le spade degli eroi….quattro come Lupin, Gighen, Goemon e Fujiko….quattro come i formaggi, quattro come il quattro che vien da sé.

Mai una litigata, mai una tensione che non fosse giustificata dal fuoco fausto che la musica inietta nel corpo dei propri figli. Questi sono gli Inti-Illipiedi….forse molto di più, forse qualcosa di meno; non fanno prove (come i saltimbanchi), raramente concedono Bis (come gli stronzi), e avvolte chiudono gli occhi dinnanzi al pubblico per non incrociarne lo sguardo…atteggiamento questo, che testimonia un’umiltà piuttosto vanitosa ed al tempo istesso, un rigore mascherato da menefreghismo assoluto. Nessuna traccia d’ansia si posa sulle belle ciglia attraversate dall’esperienza…..e poca è la fretta di sollevare il pubblico dalle snervanti (ma mitiche) attese che intercorrono (meglio: inter-passeggiano) tra una pièce musicale e l’altra; attese fatte di parole, parabole, scherzi, schiamazzi, briciole e avvolte condite con qualche gocciola di verità, servita però, sempre sotto mentite spoglie.

Gli Inti-Illipiedi sono, come tutti sanno, gli inventori o meglio gli scopritori della Caba-Musica, arte questa, da non confondere (pena il ritiro del patentino di intendere e volere) con il Teatro-Canzone (troppo milanese e zafferàneo  per i loro gusti).
La Caba-musica si erge come  la nuova frontiera, al di là della quale, si danno appuntamento, una melodia avvolte scricchiolante ed una ragione che spesso ha torto. Questo loro genere rappresenta il popolo dei senza fretta e l’ animo dei senza ritegno…..

Gruppo aperto a collaborazioni, come lo sono i geni della lampada e gli insicuri cronici. Ispirati ed ispiratori, come lo sono i giorni sfiniti nei lampi taciuti di un Maggio. Nuovi ed antichi autori trovano spazio tra i paradigmatici accordi di quest’ ensamble. Gli Inti-Illipiedi non sono fiori qualunque…perché non è così facile “coglierne” la rifrangenza…

Se volessimo adoperare metafore automobilistiche, dovremmo definire la “quattroruote” degli Inti-Illipiedi, come un ibrido costituito dalla carrozzeria di una Dyane 6 (una 2CV meno scontata e retrò),  ma con sotto al cofano il potente propulsore di un' Alfa Romeo Gtv Sprint dell’ 82 (che correva come Bruno Conti sulle fasce del Bernabeu, fregandosene dell’ affidabilità teutonica). Un’ Auto-Chimera, quindi, sicura nei rettilinei sia pure scoscesi e rattoppati…ma più indecisa nelle curve arzille (rese scivolose dai pippoli di note), dove aderenza e costanza rappresentano il giusto compromesso per passare indenni sotto alla bandiera a scacchi (gioco peraltro, questo, di origine borghese). Un complesso chiamato Inti-Illipiedi che manca di aderenza….che buffo…davvero un mistero buffo.




P.S.
I più curiosi di voi si domanderanno se oltretutto sono anche belli……beh…oddio…. sono giovani……ma secondo i più attenti, chiunque appaia più bello di loro…evidentemente si trucca.





IL QUINTETTO


Le cose si complicano. Le cose poi cambiano. Il destino sale e scende le scale per la cantina con disciplina, la disciplina della terra.
Il tachimetro dei giorni rotola, ruzzola, gira, ticchetta, si ubriaca schivando le pause che si incastrano tra i minuti ed i chilometri.
Mesi di paura si sono rincorsi, sussurrando la fine, predicendo la catastrofe, fiutando l’eclissi……………”oh, ma gli Inti-Illipiedi suonano ancora?”.
Non temete, o cristalli del popolo, o gemme della rivoluzione, o perdigiorno essiccati al sole della consuetudine……. le parole d’argenteria ed i suoni in risacca degli Inti-Illipiedi sibilano di nuovo!
La scacchiera della caba-musica non ha perso i suoi alfieri ed i suoi opliti, si arricchisce semmai di nuove torri e cavalli. Viva la scacchiera!
I numeri, come è nel loro costume, ruzzolano; in casi estremi volano (vedi l’esempio dell’otto)….e così può capitare che un dignitoso, volitivo e rassicurante QUATTRO, si dipani, si sfami fino al punto di tramutarsi in un più sinistro, nottambulo ed acuto CINQUE. Seguendo la tiritera della ragione e gli eccetera della follia, un numero come il cinque, ci appare particolarmente indicato, per cogliere, dal funambolico albero della canzone, nuovi simboli e significandi.
Occhio però. Tutta la metamorfosi segue una ferrea disciplina….quella delle cene in compagnia.
In numerologia, il numero cinque  rappresenta la totalità, la completezza, l'armonia e l'equilibrio essendo il cinque = a due + tre, cioè il principio terrestre (rappresentato dal due) più quello divino (tre). E' il numero del matrimonio, perché è l'unione del primo numero femminile (2) con il primo vero numero maschile (3).
Durante il Medioevo, gli alchimisti cercarono a lungo la "quintessenza", cioè la parte più pura delle cose , che si poteva appunto ottenere dopo cinque distillazioni del materiale preso in esame.
Il cinque è un numero che è molto familiare all’essere umano. Più di altri numeri scava all’interno delle nostre macchinose colline.
Cinque sono i continenti, cinque gli anni d’un lustro, cinque sono le terre (dal pésto profumato), cinque i petali della viola.
Cinque sono le armi di Jeeg Robot d’ acciaio, mio unico mentore politico (la sola concessione che la mia anima delicata regala al superomismo). Cinque i Rolling Stones e cinque i pani che un tizio moltiplicò un dì per la folla affamata (primo caso di Fast Food mistico che si ricordi). Cinque i righi del pentagramma! (l’esistenza del quale, peraltro,  agli Inti-Illipiedi risulta praticamente sconosciuta).
Cinque sono le vocali!
Sul fatto delle vocali, qualche simpatico nodo, può avvicinarsi sornione al nostro pettine. Le vocali, come sapete, sono persone molto sentimentali ed hanno il vizietto di innamorarsi, tanto e frequentemente, se solo vedono un’ altra vocale (od una semiconsonante) che strizza loro l’accento. Così nascono matrimoni ed unioni. Resta però da dire che persone così volubili tendano a stufarsi piuttosto in fretta dei loro amori ed a repellere rapidamente le loro conquiste.
Quindi l’ unione e la scissione delle vocali rappresenta una delle saghe più appassionanti nella fiction poetica occidentale….(Dynasty e Beautiful sono macchiette al confronto).
Gli Inti-Illipiedi in Pentaformazione, altro non sono che i baluardi a difesa della roccaforte degli iati ed i fausti sparvieri che presiedono i cieli, patria dei dittonghi.
Fantastico lo scassamento del sistema metrico-lettero-musicale che questo comporta.

Conosco benissimo, fedeli lettori, l’ansia che invade le vostre orecchie in questo momento:
Volete senz’altro sapere a quale Autovettura del panorama motorizzato Europeo  somigli stavolta la nuova Pentaformazione…..d’altra parte io vi ho abituato a simili confronti……
Bene cari amici, stavolta non vi risponderò, poiché ritengo che dopo una lezione così accurata di numerologia le vostre meningi possano arrivare de sole alla soluzione di questo sadico enigma………………………………

Gli Inti-Illipiedi continuano a non truccarsi così da sembrar belli. Tendono ad esserlo naturalmente.

"Senzarisentissi"...








PROVE (RARISSIME PER ALTRO):




domenica 29 dicembre 2013

Giullari

GIULLARI

Siamo i ricordi di belle speranze,
ma che bel castello è la vita
ricolma di pagine, scritta di stanze
e di vini che lasciano la voce fioca.

Noi siamo i dadi lanciati da mani
che non si lasciano guardare i polsi
siamo le ellissi di altri pianeti
e un appetito che vi dà i morsi.

Ed i sonagli dei nostri calzari
piacciono tanto ai bambini
siamo i balletti, siamo i giullari,
tarantolati e manichini.

Noi siamo il mosto di vini passati
per dei bicchieri già ubriachi,
i distillati di mille allegrie
nella gran botte dei giochi.

“Beva un sorriso, Vostra eccellenza!
Ne versi pure alla sua signora,
e voglia donarle un giro di danza,
ed allentarle il nodo alla gola”.

Siamo racconti scritti di fretta
ma con un “metro” da giustificare
siamo foglietti e rime leggere
troppo pesanti per volare.

Siamo le maschere dei carnevali
riposte spesso nei carrozzoni
siamo bugie dalle gambe lunghe
ed il tormento dei luoghi comuni.


Siamo commedie ma tragiche e tristi
siamo ricordi ma senza memoria,
abbiam tremila finali diversi
e sotto il cappello la solita storia.

Noi siamo l'ago.....senza il filo
e perder il filo è uno dei rischi,
liberi ormai di pungere il culo
a chi è incapace di emozionarsi.

E se non fossimo quello che siamo
saremmo un'altra cosa,
avremmo palazzi e possedimenti
ma perderemmo le chiavi di casa.

Siamo l'amore mal corrisposto
il cuore che abbiamo è solo una burla
è solo uno scherzo di pessimo gusto
Cupido spesso nemmeno ci guarda.

Sul nostro sguardo un velo commosso
uno specchio di solitudine
se ci togliete gli sciocchi d'intorno,
siamo matelli senza l'incudine.

Siamo i sorrisi e le belle speranze
che gran banchetto è la vita
e come una cena di mille pietanze
piangendo e scherzando è già finita.

Così invitateci ai vostri banchetti
-e per un poco di pane-
vi aiuteremo la digestione
ché per dormire di tempo ce n'è.


BACCO, COLBACCO E VENERE (1997)





SEADAS (1)

MARIA DEL MARE (2)

HABANA (3)

IL BRIGANTE (4)

ROSSI PE' FORZA (5)

I Rossi Pe' Forza (breve descrizione)

Ed era bello, di bellezza non capita....come una notte del primo dopoguerra "...recitava così "Occhi di Velluto", una canzone che scrissi per i Rossi pe' Forza nel secolo scorso e che parlava forse proprio di loro. Cantava della loro vaghezza, della loro guittezza (come direbbe un avvocato Piemontese), della loro inconsapevolezza e delle notti più esaltanti che io abbia mai vissuto. Caso volle che non venisse mai musicata... peccato. 
Non sarebbe stata affatto un testamento...anzi, nella mia testa avrebbe dovuto rappresentare un punto e a capo. 
Abbiamo macinato chilometri e note con i Rossi , come e quanto un gruppo serio; raramente ci siamo presi sul serio. 
Ricordo ogni gongolìo dei nostri passi di allora. Belli i miei vent'anni, cantati, ballati, litigati e poi baciati sempre, prima di andare a dormire... come si fa per la buonanotte. I Rossi pe' Forza sapevano senz' altro creare o cogliere la "situazione" ed in anni nei quali i soliti quattro accordi in croce facevano il funerale alla musica cosiddetta Giullaresco-Popolare, seppero riconsegnare a questa morte una "gocciolina di splendore". No....niente virtuosismi...per carità... né preziosi ghirigori. D' altro canto però , anche un Indiano che balla sotto al cerchio della luna, lo fa senza badare troppo alla tecnica, tra-sudando solo passione e voglia di ingraziarsi il cielo stesso. 
I Rossi sono stati e sono come Fuoco, Terra ed Acqua. Aria no! E questo forse è stato un problema. Fuoco perché in loro bruciava la passione, la poesia, la rabbia, la gioventù. Terra perché le loro storie affondavano nell' elemento come tenere radici, bramose di intricarsi con altre storie e crescere. Acqua.....si anche Acqua , e sembrerà strano conoscendo i tipi. Ma non è forse lei che passa sotto i ponti ? non è lei che piove a catinelle rincorrendo le strade per Balconevisi?.....ed infine non è lei che si getta sul fuoco perché questo non ci bruci o che si inietta nelle proprie radici quale nutrimento rigenerante? 
Aria no... si diceva. L'aria ci è mancata. Siamo sempre rimasti in apnea. 

Senz' aria non campi, è vero, ma chi se ne frega. Io ai Rossi ci penso ancora , almeno una volta al giorno ed è come pensare al più bel cappotto che ho indossato o alle scarpe più calde nelle quali ho camminato. Non li penso mai con tristezza...io odio la tristezza, non mi serve. Mi serve semmai un po' di malinconia. Quello che sto per scrivere non piacerà o troverà certamente           l' opposizione della maggior parte degli altri componenti del gruppo ma a quarant' anni mi sento ormai così pulito da potermi confessare, pensa te : Io sono , irrimediabilmente e desolatamente un anarchico individualista...che oggi suona un po' come il non essere pettinato alla moda. Non credo molto nel collettivo, anzi a tratti mi terrorizza. Riesco a legare a me stesso non più di tre o quattro persone per volta. Forse prima non era così o se lo era , per amore , non l' ho mai confessato. Oggi penso che i Rossi , avrebbero dovuto meglio approfondire crucci, amarezze e psicosi (che la musica, per altro, accentua) intimamente...vale a dire, ognun per sé. Sarebbe stato come urlare: "ognun per sé e Rossi per tutti"....suona come una liberazione. Invece il volerci considerare una entità grande quanto otto persone ci ha paradossalmente indebolito, non ci ha permesso di scavare percorsi nuovi che ci riconducessero a casa, di ritorno dalle seleniche montagne dei nostri mille suoni. Credo che i nostri otto microcosmi abbiano cozzato...lasciandoci l'affetto gli uni per gli altri (intoccabile) ma togliendoci il respiro. 
Scusate Compagni...non me ne vogliate. Un anarchico francese scrisse : "la Rivoluzione, prima di tutto, è MIA". Andate oltre, vi prego, all'apparente presunzione o spocchia che impregna ciò che scrivo. Sono una pasta di ragazzo in realtà. 

Ogni tanto in silenzio, quando il lato più sconnesso di me guarda la televisione o pisola , mi trovo a borbottare: "Io sono del gruppo...sempre stato..." ed in fondo il gruppo lo indosso ogni giorno, anche oggi, almeno quanto indosso i miei pantaloni. Adesso sono in tintoria ...devo solo trovare il tempo di andarli a prendere. 

Che carta matta i ricordi. Valla a giocare se sei bono!









Gli Inti_Illipiedi



Gli Intillipiedi furono gli alfieri (e lo sono ancora)...della Caba-musica. L'unico gruppo, inoltre, a non essersi davvero ufficialmente formato né....... ad aver trovato mai una buona ragione per sciogliersi quindi...

Nome audace. Nome umile in fondo. INTI-ILLIPIEDI. 
Problema: ci chiamavano a suonare solo per il nome e non perché fossimo dei grandi musicisti o cantanti. Non lo eravamo, ma loro non lo sapevano mica. Bene. Correva un anno a caso: in quegli anni... gli anni correvano sempre e solo raramente camminavano. Ci "scritturarono" per suonare prima del solito comizio radical chic di Bertinotti in piazza dei leoni ad Empoli. Incredibile...ci presentiamo, accordati, intonati..ed anche bellini...che pare fosse una grave macchia per un personaggio di sinistra in quegli anni. Insomma, ci si presenta all'avventura del palco e troviamo una piazza dei leoni gremita. Mah, saranno stati qualche centinaio. Qualcuno osò pensare ai numerosi fans che evidentemente avevamo. I meno ottimisti ritennero che quelli fossero tutti lì per Bertinotti (possibile ma poco probabile....ritennero i pessimisti pieni..cioè io). Ma il cantante, che come ogni cantante che si rispetti, conosceva le caverne abbandonate dell'animo umano...fu còlto da un terribile dubbio e chiese ad un signore sotto al palco del come mai fossero tutti (e così tanti) lì (compresi i tifosi comunisti della Magggica che in quel sabato giocava l'anticipo con l'Empoli in serie A). Fu freddamente fatto notare: "ma come? Lei che è dell'organizzazione (io!?) non sa che oggi, anzi fra poco, suonano gli INTI-ILLIMANI?! Non li legge i volantini? Il cantante si diresse con la camminata intonata che lo contraddistingueva fino all'angolo. Scovato un manifesto..lèsse: "...........prima del segretario suoneranno i mitici INTI-ILLIPIEDI!". Quindi nessun errore penserà il nostro piccolo lettore. Ed invece no cari compagni. L'errore c'era ed era nella mente della gente. Ancora una volta gli uditori (o sedicenti tali) avevano voluto sentire ciò che volevano (o che dovevano). Bisognava che suonassero gli INTI-ILLIMANI per forza! Il cantante salì calmo sul palco...scòsse la polvere giù dall'abito (le piazze gremite ne sono piene si vede)....convocò il soviet e svelò la verità. Gli occhi di tutti i musicanti si persero nel vuoto come uno di quei vagoncini presenti nelle miniere di una volta, proprio mentre veloce se ne scende verso l'ignoto buio. Destò il torpore della gente così: "Niente paura.......ragazzi! Gli INTI-ILLIMANI non son potuti veni'.......e ci siamo noi..........ma niente paura compagni!....più pallosi di loro non si può esse' di certo!".......il pubblico capì .Suonammo. Vivemmo.

Alla sera poi avemmo modo di rifarci suonando assieme alla Banda Militante della Maremma e fui accompagnato in un commovente "il bombarolo".
Uno dei giorni più brutti divenne uno dei più ganzi della mia vita canterina. Del resto si sa: gli arcobaleni sono soliti sbucare quando fa capolino uno spicchio di sole. Ma deve pur sempre continuare a piovere.......o no?

sabato 28 dicembre 2013

Schiarazula Marazula.

Amo camminare.
Lo amerei ancor di più se avessi scarpe comode per farlo, certo, ma adoro camminare.
Abito in una zona che una volta poteva essere chiamata “campagna aperta”.
Oggi è una campagna “chiusa” dalle case e da edifici anonimi mai vissuti che avrebbero dovuto regalare quelle otto/nove ore lavorative portatrici di benessere e serenità. Calzifici ipotetici, calzaturifici in eterno divenire. Quanto vorrei adesso delle scarpe comode. Adesso che vi passo in mezzo, adesso che vi infilzo con la mia camminata rauca. Adesso.
Io amo l'archeologia industriale, ma questi sono fossili di animali nati morti o non-nati addirittura; quindi mi precipito alle loro spalle, alle spalle dei capannoni, in direzione di una campagna ghiaccia e trascurata con un granturco mai colto. È il terzo anno che nemmeno passa la mietitrebbia. Un granturco ipotetico anch'esso.
Passo io però. Seppure nelle mie scarpe scomode.
Allora ansimo e sputo aria calda fuori dai polmoni in direzione di paesi stritolati da strade (che una volta erano campi) e villette a schiera senza rifiniture (che una volta erano alberi).
(Vi prego, smettete di pensare a quel ragazzo della Via Gluck).
Ma riesco ancora ad annusare nell'aria quel senso di confine fra mezze-tranquillità contadine e mezzi-umori proletari. Quando ero piccolo tutto era così: a metà strada. Era tutto sempre attraversato da qualcosa che lo separava in due. lo rendeva doppio.
Penso a quel vecchio film dove il campanile rintoccava dagli altoparlanti al suono di “bandiera rossa”. Ricordate? Era la chiesa di Don Valdemaro no? Che ridere. E quanti erano i Don Valdemaro qui.
Osservo il campanile che mi si para davanti e mi aspetto un saettante e festaiolo “tu scendi dalle stelle” o “bianco natale”. (Ci starebbe), da parte di quei vecchi altoparlanti in disuso.
Poi alle undici in punto scocca l'ora e questa mezza-festa, questa quasi-malinconia, risuona delle note battute di “Schiarazula Marazula”...che escono da campane elettroniche e temporizzate.
E non vuoi piangere?


Tutto era attraversato da qualcosa. Ma, a volte, tutto torna uno.